Italo Allodi. Ascesa e caduta di un principe del calcio
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Se il calcio è "dubbio costante e decisione rapida", come ha ben scritto Osvaldo Soriano, e quindi "arte dell'imprevisto", secondo quanto suggerisce Eduardo Galeano, non a caso Italo Allodi (1928-1999) ne è diventato un grande protagonista. Geniale innovatore, capace di vedere prima e più lontano degli altri, e brillante stratega, dotato di un talento e di uno stile che nel mondo calcistico hanno avuto pochi uguali, Allodi è stato innanzitutto un uomo capace di farsi dal niente, un tipico self-made man del "miracolo italiano" degli anni Sessanta. Nato e cresciuto in provincia da una modesta famiglia, interrotti presto gli studi per fare il calciatore, al termine di una non brillante carriera di mediano ha saputo inventare un mestiere nuovo, per sé e per il calcio, creando la figura del general manager. Dalla rampa di lancio del Mantova, ha raggiunto i massimi traguardi con l'Inter di Moratti ed Herrera, per poi mietere altri successi con la Juventus pochi anni dopo. Poi ecco quella che forse è stata la sua più grande intuizione: dare vita al Centro studi e al Supercorso per allenatori di Coverciano. Ed era in procinto di compiere con il Napoli di Maradona l'ennesima impresa quando è stato preso di mira dalla cattiva sorte, prima coinvolto in un'inchiesta per illeciti sportivi, dalla quale sarebbe uscito del tutto scagionato ma ferito nel profondo, poi colpito dal grave malanno fisico che lo ha condannato a un mesto e solitario finale di partita.
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