Lettere e testimonianze
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"Tra gli impressionisti Degas è certamente il più eretico. Amava Ingres e Velàzquez, il disegno e la copia dagli antichi. La natura, al contrario, lo stordiva, lo soffocava. Così, mentre i colleghi uscivano all'aria aperta per catturare le vibrazioni luminose, per fermare il tempo in una sequenza di attimi, per cogliere la mutevolezza delle cose, Degas preferiva aggirarsi nelle strade di Parigi, tra i tavolini dei bistrot, entrare nei salotti, sostare nei ridotti dei teatri o sui divani di un bordello, spiare nell'intimità delle loro stanze donne nude, indifese, colte nelle loro pose segrete, nei loro rituali quotidiani, inconsapevoli che un implacabile voyeur le sta osservando. Il pennello, la matita, il pastello di Degas tracciano così i contorni e le coordinate di un reale senza enfasi, perché per lui la vita, da sola, ha già dell'incredibile: 'Il vero realista non dissimula niente, ma pone ogni cosa al suo posto; classifica, a seconda del grado di interesse, gli elementi che concorrono alla sua composizione; stabilisce in questo modo una scelta, e, se questa scelta è giudiziosa, è stile'. Ed è questo bisogno di veridicità, questo perpetuo desiderio di penetrare la forza e la consistenza della materia, di cogliere la sequenza ritmica dei movimenti, che ha spinto Degas a modellare, anche con la creta e con la cera, le forme dei suoi cavalli, le sagome delle sue ballerine, le curve dei corpi delle sue donne. 'Ciò di cui ho bisogno è di esprimere la natura...'" (Lorella Giudici)
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