Il paradosso italiano. La povertà di un paese ricco
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Senza voler alzare bandiera a favore della citazione del ministro Francesco Saverio Nitti, nell'imminenza del primo conflitto mondiale: "Roma è la sola città medio-orientale priva di un quartiere europeo", né a sostegno dell'affermazione di Umberto Zanotti Bianco, illustre meridionalista, che definisce il Mezzogiorno d'Italia come "uno sfasciume pendulo sul mare", non si può evitare una riflessione sui paradossi della nostra Italia, tali fin dalla sua costituzione. Società antichissima e Stato unitario di appena un secolo e mezzo, per trenta secoli fu rurale e artigianale e diventò di colpo, in poco più d'una generazione, società industriale: secondo le leggi dell'aerodinamica non potrebbe volare, ma vola nonostante tutto, come disse uno spiritoso economista americano a proposito del calabrone. A 150 anni dalla sua unificazione l'Italia attende ancora quella lucidità condivisa, da Bolzano a Palermo, che non piove dalle nuvole, né va ritenuta un dono delle circostanze. Queste pagine sono una riflessione su un tema al contempo affascinante e inesauribile.
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