Cultura. Dalla complessità all'impoverimento
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L'uomo è principalmente un animale culturale, dipende da qualcosa che non è depositato nel Dna ma trasmesso attraverso le relazioni sociali. Per questo la cultura è sommamente precaria e non ereditabile. Da questo assunto prende avvio lo studio di Francesco Remotti per porre in luce la precarietà di base dei mondi culturali e la conseguente incompletezza di ogni realizzazione culturale. Precarietà e incompletezza possono tuttavia divenire oggetto di due opposti atteggiamenti: riconoscimento o, al contrario, occultamento. Le società molto spesso costruiscono un 'in più' di cultura per celare le basi fragili delle loro realizzazioni, ma gli antropologi osservano anche società che ammettono e tematizzano la propria incompletezza, aprendosi così alla comunicazione con gli altri. E sempre l'antropologia ci dice che ogni cultura opera tagli, selezioni, sfrondamenti di possibilità: lo fa sul mondo, tanto quanto sul cervello da cui dipende. Ogni cultura comporta inevitabilmente una riduzione della complessità e quindi ogni cultura contiene sempre in sé il germe di un qualche impoverimento: la cultura è sempre una coperta troppo corta rispetto alla complessità del mondo. Le culture non sono tutte uguali, tutte ricche o tutte povere allo stesso modo e nella stessa misura. Certamente la cultura ha rappresentato un indubbio vantaggio evolutivo per il genere umano, altrimenti votato all'estinzione, ma vi sono molti aspetti problematici che possono costituire altrettanti vicoli ciechi.
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