Il mito del vampiro. Da demone della morte nera a spettro della modernità
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Perché, dopo aver rappresentato per un tempo immemorabile il demone della peste, il vampiro è comparso improvvisamente sulla scena dell'immaginario europeo verso il 1732 per non uscirne mai più? Perché ha esordito nella letteratura nel 1819 con il racconto The Vampire di Polidori e da allora vi ha svolto un ruolo da protagonista? Perché la sua figura ha raggiunto il completo sviluppo nel 1897 con il romanzo di Bram Stoker incarnandosi in modo felice nel personaggio del conte Dracula e, da quel momento, ha continuato a richiamare torme di lettori insaziabili? Il significato di tutta questa vicenda ha un sapore misterioso. Infatti, è un mistero che il vampiro, con la sua voracità di sangue, con il suo carattere di non morto, con la sua capacità di mutarsi in pipistrello, abbia avuto la forza di sostituire l'immagine del diavolo quale compiuta espressione del male entro il mondo moderno. Come ogni mito esso esprime il volto oscuro di un mondo senza radici dominato dal sole nero della melanconia, di un mondo di degrado affettivo in angosciosa attesa che sopraggiunga da fantastiche lontananze il Persecutore, l'incubo moderno la cui perfetta figura è quella di Dracula. Quest'opera si propone di ricostruire la fenomenologia del mito del vampiro, a partire dai suoi più lontani trascorsi folklorici e medievali, per indagare lo sviluppo della sua figura entro la cultura illuministica e romantica.
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