Orsù che l'ora è tarda. Incipiamo con cortese sollecitudine
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"Orsù che l'ora è tarda, incipiamo con cortese sollecitudine" è un diario autobiografico scritto dall'autore durante i due mesi di ferie prepensionamento. Il titolo deriva dal tormentone con cui sollecitava medici, caposala e infermieri alla visita mattutina. Tratta prevalentemente della sua vita professionale di medico ospedaliero, iniziando dagli studi universitari matti e disperatissimi, per continuare con il servizio militare e poi con il faticoso lavoro di corsia. È quasi un testamento lasciato alle giovani leve che nonostante le attuali difficoltà decidono di lavorare in ospedale, come medici o paramedici. Tra neologismi, episodi divertenti e goliardici l'autore affronta le problematiche attuali della nostra sanità che rendono poco appetibile e rischioso il lavoro in ospedale. Si percepisce da un lato la volontà di trattare le varie criticità senza astio ma con ironia, dall'altro la sua repulsione per tutto ciò che è politicamente corretto, per chi si diletta a fare senza vergogna "il salto della quaglia" e per coloro che abusano delle richieste di risarcimento . Da ultimo l'autore si prende la rivincita andando in pensione anzitempo per cercare di recuperare in parte quegli anni sacrificati allo studio, abbandonando un sistema ospedaliero politicizzato nel quale non si riconosce più, con la speranza di essere ricordato come un buon medico, ma soprattutto come uomo onesto non disponibile a troppi compromessi.
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