Il clinico generale, che vorremmo come lettore insieme a chi va crescendo come neurologo, non può prescindere dal rigore del metodo scientifico e quindi del metodo clinico. Solo in un tale contesto operativo, egli avvertirà il proprio lavoro come lavoro intellettuale o comunque innovativo, invece che come stanca ripetizione di atti prescrittivi di esami strumentali non veramente mirati o di terapie non fondate su diagnosi certe. Anche se l'opera è improntata da un ordine espositivo di ispirazione unitaria, quel che più conta è il fatto che il metodo da cui il clinico deriva la propria forza operativa risulti riconoscibile come trama unificante dell'intera opera e quindi per la sua lettura e la sua riutilizzazione nelle mani di chiunque, neurologo o non, voglia intervenire, da diagnosta e/o da terapeuta.