«Un libro che divorerei». Pareri di lettura
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Lettore appassionato, vorace e onnivoro, pertinace bibliomane, Giuseppe Pontiggia era come fatalmente predestinato a quell'invisibile ruolo di consulente editoriale che, per decenni, affiancò alla pubblica attività di scrittore. Ma anche il «parere di lettura» assurge, in Pontiggia, al rango di vero e proprio genere letterario. Lo dimostra questo libro, dove per la prima volta si offre ampia testimonianza di una parte tutt'altro che secondaria della sua opera, relegata finora all'interno di fondi e archivi editoriali. Un Pontiggia inedito e 'privato' nel quale ritroveremo però tutti i suoi inconfondibili tratti: la scrittura sapientemente calibrata e la perentoria precisione di giudizio («Sono libri decorosamente didascalici, ma una pagina di Singer basta a cancellarli»); la contagiosa passione letteraria («...si impone senza enfasi e sottolineature, con la naturalezza serenamente sconvolgente dei classici»); la soave spietatezza di fronte a certi compiaciuti manierismi («È un grande scrittore mancato, un ectoplasma di Broch»); le personali, irriducibili inclinazioni («Il tema esercita su di me una seduzione erotica cui mi è difficile resistere e non mi sento sicuro nel giudizio»). Infine, la prodigiosa duttilità, che gli permette di spaziare con disinvoltura, e con la medesima competenza, dalla narrativa ai classici, dalla poesia alla saggistica. E, soprattutto, un rigore che non cede mai al dogmatismo: «La bellezza della scrittura sta nell'assenza delle regole».
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