Caro Massimo, ti scrivo perché...
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"Massimo è un Eduardo fuori dai 'bassi', a contatto con gli 'altri', di là dei confini di una napoletanità centenaria ed esclusiva ed è all'incontro con queste 'voci di fuori' che esplode la sua serena, fanciullesca risata per coprire la mediocrità, l'arroganza, il potere ma, nel contempo, serpeggia intatta nelle sue parole una sottile malinconia del vivere che non sfocia né nell'impotenza, né nella rabbia sovvertitrice; rimane così a mezz'aria a testimoniare quel che abbiamo perduto o non avremo. E abbiamo così due maschere: una comica perfino dolente a esprimere un 'risus' che fa soffrire; e una tragica che si spernacchia da sola, costringendoci a gioia amara, dove tutto (grandi sistemi, disastri, entusiasmi sfrenati, vittorie, sconfitte) è ridimensionato al livello di splendida miseria umana che sa essere misura di se stessa." (dalla prefazione di Roberto Vecchioni)
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