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Gonzalo Fernįndez de Córdoba: il gran capitano, con atti notarili inediti sul prorex de Napoles

di Bascetta Arturo

Disponibile su prenotazione.
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3,49 €

Contenuto

Consalvo de Cordova fece il suo ingresso nel Regno in maniera esemplare, impossessandosi direttamente, durante la marcia, di molte Terre, senza fare nemmeno rumore. Inizialmente strappņ tutti i territori possibili ai Francesi, lasciando credere agli Aragonesi di Napoli di stare al loro fianco, ma nel nome di Ferdinando il Cattolico, estromettendo di fatto Re Federico. Il suo titolo di prorex gli permise di liberare e di appropriarsi delle Terre e delle Universitą comunali, senza neppure conquistarle. Bastava dimostrare sulla carta che gli Spagnoli erano lģ per proteggerle dai Francesi, ottenendone in cambio la sottomissione, in forma privata o riconosciuta che fosse, almeno fino a quando lo avesse voluto la Regina Isabella di Castiglia. Il futuro del Regno fu quindi nelle mani del Gran Capitano di Spagna, il quale, in via ufficiosa, gią tramava per il passaggio del titolo da Ferrandino al fratello del padre (s'era sparsa la voce che Alfonso II fosse gią gravemente ammalato), cioč allo zio Federico IV d'Aragona (1452-1504), in quanto meno si intendeva di cospirazioni e risultava molto pił malleabile. Mai turbato dalla luogotenenza regia, in realtą nelle mani della sirocchia Giovanna III, sorella di Ferdinando il Cattolico, e mai interessato alla carica di primo Viceré, Consalvo finģ col perdere il senso della misura, immaginando di essere egli stesso il Re. Le sue conquiste, i suoi discorsi al parlamento, l'eccessiva napoletanitą e soprattutto l'appropriazione di infiniti beni, convincono il sovrano a sopprimere il suo incarico per instituire il viceregno e degradare Napoli dal titolo di Capitale. La sua amata Regina era ormai passata all'altro mondo quando il sovrano si risposņ con l'erede francese del mezzo regno siciliano, riunificando il Sud senza pił la necessitą di un generale. Da qui l'esilio in Spagna, ma senza perdere la grinta, che lo porterą a voltare le spalle al sovrano, per sostenere le idee degli eredi aragonesi esiliati a Valenza e della figlia Giovanna la Pazza, vera erede dei castelli di Castiglia, segregata dal padre. Troppo tardi.

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