Pubblicità fa rima con identità
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Prezzo online: € 16,00
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ISBN:
9788849876390
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Editore:
Rubbettino [collana: Varia]
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Genere:
Linguistica
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Dettagli:
p. 180
Disponibile su prenotazione.
Contenuto
In copertina le cinque sagome capovolte di Mercurio, liberamente rielaborate dall'autrice utilizzando un marchio americano degli anni '30, rappresentano bene la filosofia e il tema dominante di questo libro. Sono, infatti, un riferimento simbolico alle 5W che stanno alla base di un buon nucleo informativo e, allo stesso tempo, alla divinità classica del commercio e della comunicazione. Il capovolgimento del simbolo alato è analizzato qui come una duplice chiave interpretativa dei messaggi della pubblicità. Primo perché, contrariamente a ciò che si pensa, la parola all'interno di slogan e spot non è finalizzata alla vendita, quanto a modificare la rappresentazione concettuale usuale che si ha della végétation d'objects della vita di tutti i giorni. Secondo perché, contrariamente a quanto accade nel giornalismo, il linguaggio della réclame riesce a comunicare solo grazie alla omissione, cancellazione, ridefinizione dei contorni delle classiche 5W, che reinventa e ricrea per una semiosi infinita di narrazione della quotidianità. In questo elaborato processo di costruzione e decostruzione di miti, il grado zero della parola pubblicitaria non è mai solo verbale, né referenziale, è di base un iconotesto e il suo dire passa attraverso una grammatica altra rispetto alla lingua comune. Né potrebbe essere diversamente: è facile oggi, fra tante iperboli e tanti effetti sensazionalistici, far roteare un Mercurio alato, ma non se a testa in giù! Per riuscirci bisogna essere particolarmente abili con parolibere, fantalinguaggio e "modi di ridire". Il libro analizza e descrive un po' di questi strani oggetti e svela un po' di regole e segreti dei saltimbanchi dell'anima di ciascun consumatore. Si comincia qui con l'analisi delle prime e innovative iscrizioni luminose, "proiettate magari sulle nuvole e formate da multicolori lampadine elettriche, che si accendevano e si smorzavano a regolari intervalli sui tetti d'un fabbricato, come faro di porto". Di lì alle "parolibere" o alle avventure di Marcovaldo, il passo sembra breve, ma non lo è.
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