Infamia e biografia
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«Noi non scriviamo storie, ma vite». Il libro di Watkins cerca di cogliere il senso profondo e le inedite implicazioni di questa celebre tesi, che Plutarco iscrive come insegna della sua biografia di Alessandro. Se la biografia č certamente un genere letterario, essa solleva tuttavia dei problemi che vanno ben al di lą della letteratura. Come si puņ scrivere non una storia, ma una vita? E che cos'č una vita, che cosa resta di essa al di lą della congerie di infimi dettagli, di tic, di gesti e idiosincrasie che definiscono il carattere di un individuo? E la biografia č legata al tipo dell'uomo illustre ed eroico, secondo un modello caro al mondo antico, o essa č altrettanto intimamente vincolata al tipo dell'infame e del reietto, come sembrano atte - stare le biografie dei moderni, a partire dalle Confessioni di Rousseau? Watkins svolge la sua indagine esemplare su entrambi questi crinali, mostrando come il paradigma dell'uomo illustre, che nasce e si afferma sullo sfondo del declino del mondo antico, ceda progressivamente il posto al discorso sull'infamia, che porta alla parola ciņ che č piś indicibile e segreto, piś intollerabile e spudorato. In bilico fra l'agiografia e l'ignominia, l'encomio e l'infamia, la retorica e la persuasione, la biografia che lascia ogni volta trapelare nelle sue pagine «la veritą di un sintomo, la mossa concreta di un atteggiamento, la breve comparsa di un umore» - non cessa mai di essere lo specchio di un'epoca.
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