Quindici. Le storie dei campioni che hanno dipinto il rugby italiano
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Negli anni Novanta, quando a rugby si giocava solo per passione, l'Italia ha vissuto un paradosso sportivo: i pił grandi al mondo venivano a farlo proprio qui da noi. Certo, lo facevano tra una stagione e l'altra del rugby australe, in cui i campionati si disputavano a tempi invertiti rispetto all'Europa, ma lo facevano. Cosģ Rovigo ha conosciuto l'epopea dei sudafricani, capitanati da Naas Botha, forse il pił intelligente mediano di apertura mai visto in un campo di rugby. A Roma hanno accolto Wayne Shelford, il leggendario numero otto degli All Blacks campioni del mondo nel 1987, quello della battaglia di Nantes e del testicolo lasciato sul campo. A San Doną hanno inseguito, corteggiato e amato Joel Stransky, il dieci che ha fatto piangere di gioia Nelson Mandela quando l'apartheid non c'era pił e in Sudafrica bianchi e neri potevano sedersi vicini anche allo stadio. A Colleferro, con la squadra che lottava nel sottobosco della Serie B, hanno conosciuto Jeff Miller, due volte campione del mondo con l'Australia, da giocatore e da allenatore. A Milano per un po' ha respirato rugby anche Silvio Berlusconi, e i rossoneri hanno fatto incetta di scudetti con "The Genius" Mark Ella e David Campese, che diedero il loro solidissimo contributo per consolidare le basi di una squadra che condurrą l'Italia al Sei Nazioni. Per la prima volta vengono raccontate tutte insieme le storie degli straordinari campioni che in quel decennio irripetibile hanno colorato il rugby italiano con tinte mai viste prima a queste latitudini.
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