Girolamo Amati filologo, primo ellenista d'Italia del suo tempo
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L'Accademia di Savignano intorno ai secoli XVII-XVIII, subì in qualche maniera l'influsso culturale della vicina Rimini, tuttavia appare certo come la stessa, beneficiando di una singolare benignità del destino, abbia avuto origine da eredità culturali trasmesse di padre in figlio. È il caso di due Borghesi, padre (Pietro) e figlio (Bartolomeo), uno illustre numismatico, l'altro sommo archeologo; a seguire i due Rocchi, (Francesco e Gino) considerando anche Giulio Perticari uno dei ingegni del classicismo italiano, come anche i due Amati (Pasquale e Girolamo) appunto, l'uno attento ricercatore di notizie storiche e apprezzato scrittore in lingua latina, l'altro, Girolamo proteiforme ingegno in molte cose e per varie ragioni insigne. Fu illustre latinista, esperto di antiquaria ed epigrafia greca e latina, filologo, "scrittore greco" della Biblioteca vaticana ed anche "terzo padre" (assieme a Borghesi e Perticari) della Simpemenia Rubiconia dei Filopatridi (1801), sorta sulle basi della precedente Accademia, detta degli "Incolti" (1651). Girolamo Amati, personaggio schivo, riservato, (era appellato «il solitario della Biblioteca Vaticana»), operò per un trentennio presso la Congregazione del Concilio e all'Archiginnasio della Sapienza a Roma. I pontefici Pio VI e Pio VII lo nominarono anche custode dell'Archivio segreto Vaticano, poi di quello di Castel Sant'Angelo. Svelò con ingegno le note tachigrafiche greche corrispondente all'odierna stenografia e si dedicò alla paleografia e all'archeologia. In campo filologico ebbe il merito di aver contestato la secolare attribuzione del Sublime a Cassio Longino anziché a Dionisio di Alicarnasso. Collaborò con una ventina di articoli di epigrafia e lapidaria, al «Giornale Arcadico» (dal 1820 al 1831) di cui fu anche promotore [Edoardo Turci].
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