Mi chiamo Rigoberta Menchù
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Una giovane contadina guatemalteca dell'etnia quiché è costretta ad abbandonare la sua terra, spinta dalla miseria e dalle angherie a cui la gente indigena è sottoposta dall'oligarchia bianca e dai militari: anche se parla a stento lo spagnolo ed è oppressa dal dolore per le morti violente e le sevizie subite dai suoi familiari e dalla sua gente, è la prima donna nella storia del suo popolo a prendere pubblicamente la parola. Rompendo con la sua intensa narrazione un silenzio secolare, questa discendente dei Maya ha rivelato come sopravvive un'antica cultura, come lotta un popolo mite e fiero per difendere non soltanto il proprio diritto di esistenza, ma gli stessi fondamenti della civiltà umana. Qualche anno prima di meritare il Premio Nobel per la pace 1992, Rigoberta Menchú ha imposto all'attenzione del mondo intero la drammatica condizione delle popolazioni amerindiane del Guatemala grazie a questo libro straordinario, in cui il fluire della sua voce passa dall'autobiografia al mito, dalla memoria collettiva alla denuncia politica, dal rito religioso alla rivelazione poetica.
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