L'impero del dolore
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I Sackler sono una delle famiglie più ricche degli Stati Uniti. Per decenni il loro nome è stato associato a generose donazioni al mondo delle arti e delle scienze e ha a lungo adornato le pareti di prestigiose istituzioni americane e d'oltreoceano: dal Metropolitan Museum of Art di New York al Louvre di Parigi, dalla Scuola di medicina di Tel Aviv al Museo archeologico di Pechino. Proprietari di un impero farmaceutico, le origini del loro patrimonio miliardario risalgono agli anni Sessanta, quando il capostipite, Arthur, fece fortuna con la promozione di un nuovo e rivoluzionario farmaco contro l'ansia chiamato Valium. Inizia così - grazie a una combinazione di intraprendenza, interessi in campo medico e commerciale e una sensibilità spiccata per il marketing - l'inarrestabile ascesa di questa famiglia. Quarant'anni più tardi, però, quella stessa intraprendenza e spregiudicatezza trascina la nuova generazione dei Sackler nello scandalo. Da un'inchiesta giornalistica emerge infatti il loro coinvolgimento in una delle più drammatiche crisi sanitarie del XX secolo: l'epidemia di oppioidi che ha portato all'assuefazione, e alla morte per overdose, migliaia di cittadini negli Stati Uniti. Il farmaco responsabile è l'OxyContin: un antidolorifico due volte più potente della morfina, capace di generare circa trentacinque miliardi di dollari di entrate e prodotto da Purdue Pharma, di proprietà dei Sackler. Quella che Keefe racconta in queste pagine è una storia di ambizione, filantropia, crimine e impunità, corruzione, smania di potere e avidità. La storia di una famiglia, fra drammi ed eccentricità, aspre controversie societarie, inestimabili collezioni d'arte, manovre machiavelliche e un calcolato uso del denaro per rovinare reputazioni e schiacciare i meno potenti. Una storia che si sposta dalle strade trafficate della Brooklyn di inizio Novecento alle residenze sul mare di Cap d'Antibes, fino ai corridoi del potere a Washington. Il racconto dell'ascesa e della caduta di una dinastia, il ritratto degli eccessi della seconda età dell'oro americana, e al tempo stesso un atto di accusa contro l'avidità e l'indifferenza per la sofferenza umana alla base di una delle più grandi fortune al mondo.
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