Dostoevskij
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"Per Lukács, l'opera di Dostoevskij puň essere letta come un unitario commento al paolino «č terribile cadere nelle mani del Dio vivente». Nel mondo abbandonato da Dio (il mondo del romanzo) ogni contatto con la trascendenza non puň essere altro che un contatto devastante per la creatura e naturalmente per le istituzioni. Giŕ l'etica luciferina si nutriva della "demonia" di chi afferma d'essere meglio dei propri dči e dunque tendenzialmente della distruzione dell'esistente. Ora, nell'epos dostoevskijano «la demonia ha acquistato senso», non č piů fuga nell'artificiale totalitŕ del soggetto, ma affermazione della volontŕ di trasvalutazione di tutti i valori, distruzione dell'esistente, che sul piano etico significa principalmente crisi delle "istituzioni" (Gebilde) dell'etica kantiana: «Dimostrare che non solo la seconda etica paraclitica ma anche quella luciferina deve trascendere la giustizia (il saggio, l'eroe tragico, amor dei intellectualis - inconfutato!)». Chi ha visto Dio, o chi č incarnazione di Dio sulla terra, come il popolo russo, non puň che «andar oltre il diritto e l'etica» anche se ciň dovesse significare il sacrificio della propria anima. Non a caso nello studio su Dostoevskij si elabora tutta una fenomenologia di figure che incarnano questo ideale riconducibile all'idea dell'inevitabilitŕ del peccato in un mondo che č incarnazione somma di Satana. Figure di questa fenomenologia sono i "peccatori santi", cioč coloro che nel peccato trovano una strada verso Dio, come Sonja in Delitto e castigo o la Giuditta di Hebbel, "eretici" per amor di Dio, come quelli descritti da Sebastian Franck e da certa mistica ebraica, uomini per i quali la colpa č giŕ espiazione, come Raskol'nikov, terroristi e suicidi, come Kirillov e Svidrigajlov, folli e idioti che non vogliono vedere le "relazioni" del mondo che li circonda, come il Myskin di Dostoevskij e altri ancora." (Dallo scritto di Michele Cometa)
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