Diario di un'insurrezione. Black Lives Matter dall'Italia
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Ogni rapper si è cimentato con l'arte del freestyle, dell'improvvisazione a braccio, e sa cosa significa perdersi dentro il flow, il flusso, quando le rime vengono da sé e le parole sgorgano senza bisogno che le si pensi. Sono momenti in cui anche il più esperto degli improvvisatori non può far altro che perdere il controllo e abbandonarsi alla furia armoniosa delle ripide, fin quando, poco o molto più avanti, tornerà a mettere piede sulla terraferma, rinvigorito oppure totalmente impaurito. Sono momenti onnipotenti, per quanto effimeri, insurrezionali, in cui la rivoluzione appare possibile. Questo libro è esattamente il frutto di un siffatto meccanismo, venuto alla luce in quelle settimane, annuncianti l'estate del 2020, in cui anche in Italia sembrava imminente che si potesse sconfiggere il razzismo una volta per tutte. "I Can't Breathe", pronunciato da un morente George Floyd, sotto il ginocchio del poliziotto bianco con le mani in tasca, noncurante di essere ripreso da un telefonino, sembrava, d'un tratto, offrire la risposta planetaria alla causa della crisi respiratoria che il pipistrello del covid aveva portato come enigma da risolvere ai cittadini del mondo nei terribili mesi precedenti. L'autore, un antropologo del rap, assecondava le proprie correnti emotive in lunghi gettiti di parole notturne che, come freestyles, lo conducevano in territori energetici pericolosi. Il risultato è un manifesto politico sul "sacro" e una teoria sull'umano al "Tempo della Fine".
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