Benjamin Britten. La poetica dei perdenti
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Nonostante i posizionamenti esistenziali e sociopolitici decisamente scomodi per i suoi tempi - lui scopertamente pacifista, antimilitarista e omosessuale dichiarato in una nazione in cui l'omosessualità è stata reato penale fino al 1967 - Benjamin Britten nella vita reale non conobbe praticamente sconfitte. Benestante e perfino molto ricco al culmine della sua carriera che passò di successo in successo, in patria e fuori; amò riamato la stessa persona per oltre trent'anni; ottenne ogni sorta di riconoscimento al suo straordinario talento venendo insignito, a sigillo del prestigio, anche del titolo di Lord. Può destare quindi meraviglia la pietas dolorosa che Britten riversò nella poetica delle sue opere liriche, quasi sempre focalizzate sui perdenti, sugli sconfitti dalla vita, dal caso o dal Male. Una poetica che si avvalse di firme letterarie che non lasciano margini a dubbi critici: George Crabbe, Michelangelo Buonarroti, Wystan Hugh Auden, Herman Melville, Henry James, Thomas Mann, Wilfred Edward Salter Owen, Arthur Rimbaud accompagnano con le loro parole uno dei suoni più limpidi del Novecento.
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