Inchiostri. Stampa, litografia, scrittura, simpatici
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Se esistesse una Teoria esistenziale dei liquidi, purtroppo ancora tutta da scrivere, l'inchiostro sarebbe uno dei protagonisti assoluti, insieme al sangue, alle lacrime, la pioggia e all'acqua del mare. Una storia culturale lunga e affascinante, quella della fabbricazione degli inchiostri, che si perde nella notte dei tempi. Una storia che bordeggia l'uso strettamente funzionale di questo prezioso elemento liquido, per finire nelle pagine di poeti, scrittori e saggisti che in qualche modo ne hanno scritto: A. Artaud, G. Apollinaire, G. Ungaretti, R. Roversi, F. Trìas De Bes, Miodownik, nomi che circolano in questo libro che solo apparentemente è la ristampa anastatica di un raro ricettario anonimo di fine Ottocento sulla fabbricazione di varie tipologie di inchiostri, mentre in realtà esso è anche una riflessione implicita sul destino della scrittura e della stampa manuale la quale, come ci ricorda un grande stampatore come Enrico Tallone nella Premessa, è consustanziale all'uso di inchiostri preziosi e duraturi. Ma a segnare la doppia, intima valenza dell'inchiostro, nell'immaginario come nella biografia di ognuno di noi, c'è il breve racconto della scrittrice Carmen Verde, che all'inchiostro quale documento biografico dell'anima affida questa sua intensa riflessione. Completa il libro una preziosa testimonianza rintracciata casualmente in una rara stampa veneziana secentesca del Piovano Arlotto: una ricetta manoscritta coeva su come fabbricare l'inchiostro, a costellare i marginalia delle prime pagine dell'antico volume, messo a nostra disposizione dal bibliofilo Franco Bianchessi.
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