Il giornale fatto con i piedi. Storie di un inviato speciale
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È addestrato a stare dietro le quinte, a non mostrarsi o fare inchini da damerino, a essere scettico e ingrato, a non credere a nulla ma a prendere per buono tutto, purché valga la pena e ci sia uno straccio di prova. L'inviato - diceva un direttore vecchio del mestiere - è quel genere di canaglia che comunque, in un modo o nell'altro, torna sempre a casa con un osso in bocca. Queste pagine sono il resoconto di un modo di fare giornalismo diverso da quello di oggi. Quel giornalismo fatto con semplicità zen - andare, guardare, raccontare - che resta ancora il più giusto, il più profondo, il più moderno, il più ricco di sorprese, il più credibile e affidabile. Li chiamavano inviati, e nessuno saprebbe dire se esistono ancora o se si sono estinti. Secondo alcuni ci saranno sempre, perché inesauribile è la voglia di sapere, di vedere, di verificare.
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