Jan Palach e la primavera di Praga
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Il 19 gennaio del 1969, a cinque mesi dall'invasione dei carri armati del Patto di Varsavia, un giovane cecoslovacco si immola per gridare al mondo il desiderio di libertà del suo popolo. Eroe per una generazione di studenti e militanti, sprovveduto per i politici filosovietici e per chi continuava a credere nel paradiso dei lavoratori. L'autoimmolazione di Jan Palach non fu un suicidio, ma un gesto per risvegliare il popolo dalla disperazione in cui è caduto e ridestare le coscienze delle persone che avevano vissuto l'esaltante esperienza di libertà della Primavera di Praga, seguendo Dubcek e i riformisti e che, dopo l'invasione, erano scivolate nel torpore della "normalizzazione" sovietica. Il giovane studente cecoslovacco aveva visto con i suoi occhi la privazione totale di libertà e umanità del comunismo sovietico e aveva conosciuto anche la ribellione dei figli contro i padri del '68 francese, contestandola e proponendo un cammino comune verso la libertà e la storia. Jan amava la sua patria e volle dare corpo al suo desiderio di vederla liberata da un'ingiusta oppressione, offrendo, da martire, la sua la stessa vita.
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