È buio sul ghiacciaio. Con i diari delle spedizioni al Nanga Parbat, al Broad Peak e al Chogolisa
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Austriaco di nascita e con un carattere di ferro, l'alpinista ha compiuto negli anni '50 imprese straordinarie. Tra le tante, una in particolare lo consegnò alla storia dell'alpinismo. 1953. A soli ventinove anni, Buhl viene invitato a unirsi a una spedizione tedesca che tenterà la vetta del Nanga Parbat, nona montagna della Terra, allora ancora inviolata e considerata uno degli 8.000 più difficili. Dopo settimane di tentativi andati male, la spedizione dichiarò ufficialmente il fallimento. Ma Buhl non si arrese. E ripartì. Da solo, il 3 luglio, dopo una scalata di 17 ore raggiunse sfinito la vetta. È per la prima volta un uomo, solo, aveva scalato un 8.000. Nel 1957 l'alpinista scalò il suo secondo 8.000, l'inviolato Broad Peak, e divenne l'unico uomo al mondo ad aver compiuto la prima ascensione di ben due 8.000. Hermann Buhl morì qualche giorno dopo l'ascesa al Broad Peak, all'apice della sua fama, scendendo dal Chogolisa insieme a Kurt Diemberger. Nella nebbia, una cornice di neve, cedendo sotto il suo peso, lo fece precipitare nella parete sottostante per migliaia di metri. Il suo corpo non venne mai più ritrovato. Il libro è l'avvincente biografia dell'alpinista che, di sua stessa mano, racconta le imprese compiute. L'opera interrompe il racconto poco dopo la salita del Broad Peak. Mentre le ultime pagine della sua vita sono raccontate da Kurt Diemberger, che lo vide precipitare proprio davanti a sé.
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