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Guerra alla Guerra! I socialisti scledensi e vicentini al "Processo di Pradamano"

di De Grandis Ugo

  • Prezzo online:  € 20,00
  • ISBN: 7777770123903
  • Editore: Du
  • Genere: Storia Locale
  • Dettagli: p. 467
2 Copie Disponibili
Spese di spedizione:
3,49 €

Contenuto

“Guerra alla guerra!” era la parola d’ordine uscita dal Congresso internazionale socialista tenuto a Basilea nel 1912, quando già si percepivano i prodromi della catastrofe che si sarebbe abbattuta sull’Europa due anni più tardi. Quella parola trovò facile eco in quanti vi si opponevano e, tra i tanti, fu recepita da Pietro Pietrobelli, giovane militante socialista di Schio, inquadrato nel 223° Rgt. Fanteria, che la ribadì in una poesia composta durante il ricovero in un ospedale da campo nell’inverno 1916-1917. Rientrato al corpo, egli intrecciò, assieme al messinese Pietro Pizzuto, una fitta corrispondenza con numerosi militanti socialisti di loro conoscenza, allo scopo di promuovere la diffusione dei deliberati delle conferenze socialiste internazionali di Zimmerwald e di Kiental e la propaganda a favore della cessazione della guerra.
La scoperta, da parte della censura, di una lettera inviata da Pietro Pietrobelli al fratello Angelo, pure in servizio sul fronte carsico, avviò accurate indagini da parte dei Reali Carabinieri che permisero l’individuazione di una fitta rete di contatti tra militanti socialisti provenienti da varie regioni, in parte inquadrati sotto le armi e in parte civili, residenti in varie città della penisola, ma soprattutto Schio, Vicenza, Cremona, Milano, Messina e Palermo.
Le indagini portarono all’arresto di una cinquantina di persone, 35 delle quali furono deferite al Tribunale Militare di Guerra del XXIV Corpo d’Armata, che aveva sede a Pradamano (UD), nella prestigiosa Villa Giacomelli. Il processo, fortemente voluto da Cadorna per impartire un duro segnale alle truppe e al Paese, sempre più amareggiati e demotivati dalla durezza del conflitto e dalle restrizioni alimentari, fu scisso in due tronconi e fu celebrato in una ventina di giorni a cavallo dei mesi di luglio e di agosto 1917. Il Pubblico Ministero aveva richiesto condanne pesanti per tutti gli imputati: la sanzione capitale per Pietro Pietrobelli, Pietro Pizzuto e Umberto Fiore, ritenuti gli agenti principali della propaganda, e lunghe pene detentive per tutti gli altri. Ma il collegio difensivo, che contava eminenti avvocati di fede socialista come Mario Cavallari e Vico Fiaschi, riuscì a mutare il capo d’accusa e a ottenere una notevole riduzione delle pene, che furono esclusivamente detentive, oltre ad alcune assoluzioni per insussistenza del reato.
Tradotti in carceri militari e civili tristemente noti, come Civitavecchia, Gaeta, Forte Ratti, Porto Longone, Bard, Fenestrelle e il campo di concentramento di Padula (SA), i condannati poterono tornare in libertà nella prima metà del 1919 grazie a un provvedimento di amnistia per reati politici, con l’eccezione di Alfredo Bologna, di Schio, le cui precarie condizioni di salute non avevano retto al regime durissimo del penitenziario di Volterra. Tutti gli altri ripresero l’attività politica, rivestendo ruoli di rilievo nell’organizzazione del PSI e, più tardi, del PCdI, dapprima apertamente poi, dopo la presa di potere del fascismo, in forma clandestina, subendo una sequela interminabile di restrizioni e di persecuzioni, culminate per i più in lunghi anni di carcere o di confino.
Le vicende legate al cosiddetto “processo di Pradamano”, il più grande procedimento di giustizia militare del 1° conflitto mondiale, sono qui ricostruite nei dettagli più reconditi, grazie a un’approfondita ricerca d’archivio che ha portato alla luce documenti per la maggior parte inediti, assieme ai memoriali stesi da alcuni imputati e conservati dai familiari.

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