Aristotele. Metafisica (1-3). Sull'essenza e la realtà della forza
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Questo corso di lezioni, tenuto presso l'Università di Friburgo i. B. nel semestre estivo 1931, non è dedicato semplicemente all'interpretazione dei primi tre capitoli del libro IX della Metafisica di Aristotele, ma mira, attraverso tale interpretazione, alla comprensione del concetto greco dell'essere. Il titolo sotto il quale era stato originariamente concepito, Interpretazioni della filosofia antica, definisce tematicamente l'ambito della ricerca: con i concetti di dynamis ed energheia, Aristotele ha inteso rispondere alla domanda originaria sull'essere come presenza. Aristotele ha mostrato che c'è un modo di essere presente della capacità (forza) di produrre e che quindi la presenza della forza non presuppone un ente cui apparterrebbe, ma al contrario l'ente trova nella forza il suo a priori (Heidegger si richiama a Leibniz e al suo concetto di una vis primitiva, cfr. § 10 a). Nell'ambito della concezione greca dell'essere come presenza, Aristotele ha dunque cercato di stabilire quale sia la verità dell'essere come presenza: non è casuale, secondo Heidegger, che il capitolo finale del libro IX, che nei capitoli precedenti si occupa appunto della dynamis e dell'energheia, tratti nuovamente dell'essere come vero e come falso (sull'interpretazione di questo capitolo, Heidegger si era già soffermato negli anni precedenti). Mostrare che per Aristotele la forza ha un'essenza e una realtà indipendenti dall'esecuzione di ciò cui la forza dà capacità, significa per Heidegger accedere a quello che si sono chiesti i Greci chiedendosi dell'essere come presenza, significa cioè accedere alla domanda originaria della filosofia.
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