La classe. Ripensare la crisi ripensando le organizzazioni
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Fare naufragio non è ineluttabile. Se la rotta è sbagliata si può invertirla. Si possono anche immaginare rotte diverse e nuovi mezzi di trasporto. Oppure si può scendere, esplorare la terra sconosciuta in cui siamo arenati e inventare nuovi modi per abitarla. La crisi non è un dato di natura. Non è capitata per caso. Non è un'onda anomala. È una crisi delle nostre relazioni. Per questo reagire significa anche osservare meglio i luoghi della nostra vita, le organizzazioni in cui abitiamo e viviamo, per capire se e come producono e alimentano il disagio e i pessimi risultati economici che sconvolgono l'esistenza di molti, ma non di tutti. Significa anche rimettere mano ai contesti di lavoro, tra cui la scuola, potenti luoghi di socialità e apprendimento per tutti noi, grandi e piccoli. Ecco perché la classe: perché la disposizione di un'aula scolastica somiglia a un organigramma e oggi abbiamo troppa azienda e troppo mercato nelle nostre vite e nelle nostre scuole. Forse, addirittura, anche nelle nostre imprese. Perché avere classe significa considerare che le forme dello stare insieme non sono altra cosa dalla qualità della nostra esistenza. E poi perché anche se c'è chi afferma che le classi sociali non esistono più, esistono eccome le differenze sociali, e non solo a causa di una cattiva distribuzione della ricchezza. Un libro per ripensare i luoghi dove si impreziosisce o si svuota di senso la nostra vita, fuggendo dalle trappole dell'aziendalismo dilagante.
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