Cicerone
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Fu il primo umanista dell'Impero romano, il difensore del diritto, il filosofo che con il De re publica stabilì il codice etico della forma ideale di Stato. Osteggiò l'anarchia di Catilina e la corruzione di Verre, ma non poté arginare il potere assoluto di Giulio Cesare. Il nuovo dittatore, pur risparmiandogli la vita, lo spinse ad abbandonare l'attività politica. "Ma a un uomo di pensiero", dice Zweig, "non può capitare niente di meglio che l'essere escluso dalla vita politica". Negli anni che seguirono, riconsegnato alla res privata e immerso nell'otium più fecondo, il grande oratore scriverà le opere che gli varranno l'immortalità. Fino a quando Antonio, preso il comando di Roma, ne decretò la condanna a morte. Gli ultimi anni di Cicerone, dall'esilio al barbaro assassinio, nel ritratto - come sempre magistrale e fulminante - di Stefan Zweig.
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