L'inferno dietro le sbarre. Il suicidio di Michele Botti, Cremona 1997
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Giovanni Botti giace senza vita in una pozza di sangue, nel suo appartamento al numero cinque di via Crespi, al quartiere Cambonino. Unico indiziato dell'omicidio il figlio Michele, ventitreenne ferito dalla vita e dalla droga. Il giovane viene interrogato e poi rinchiuso nel carcere di via Ca' del Ferro, con la pesante accusa di parricidio. Le impronte digitali trovate sul luogo del delitto sembrano inchiodarlo, decretando la sua colpevolezza, ma lui continua a dichiararsi innocente. Solo la zia Angela, che lo ha allevato come una madre, crede alla sua versione dei fatti. Al di là delle sbarre di via Cà del Ferro, Michele è solo a combattere con i vuoti della mente, con i pensieri, con le paure, con la disperazione più nera e la solitudine. Non ricorda cosa è realmente avvenuto. Non ricorda dov'è stato e cosa ha fatto la notte dell'omicidio. Il dubbio si insinua sempre più nella sua mente. È veramente lui l'assassino di suo padre?
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